Evangelium vitae: una riflessione (II Parte)

La Prima parte dell’Evangelium vitae parla delle attuali minacce alla vita dell’uomo e introduce tale argomento partendo proprio dal primo delitto della storia umana, quello di Caino nei confronti di Abele.

L’ uomo è stato creato per la vita e non per la morte ma quest’ultima entra prorompente nella storia dell’umanità fin dall’inizio.

Nel libro della Genesi possiamo leggere il racconto di questa prima uccisione. Vediamone il contesto. Ci sono due fratelli, Caino ed Abele. Caino lavora il terreno mentre Abele è un pastore di greggi. Entrambi offrono un sacrificio al Signore, il primo i frutti del suolo ed il secondo i primogeniti del suo gregge.

Ma avviene qualcosa di particolare. Dio gradisce il sacrificio offerto da Abele mentre non gradisce quello offerto da Caino. Questi è molto arrabbiato per questa differenza e quindi, geloso di suo fratello, lo invita ad andare in campagna e lì lo uccide

Quando il Signore chiede a Caino di suo fratello, prima risponde mentendo ma poi rivela cosa sta provando definendo “troppo grande” la sua colpa per poterla sopportare. Ma Dio non interrompe il dialogo con Caino e gli impone un “segno” affinché non sia ucciso da chi lo incontra. (Cfr. Gen 4, 2-16)

Dio, pure davanti ad un omicidio, al primo omicidio della storia umana, non abbandona Caino, non spezza il rapporto con lui. Dal testo biblico non conosciamo il motivo per cui il sacrificio offerto da Caino non sia stato gradito al Signore, non lo sappiamo. Di certo sappiamo che in quest’uomo, che commette il primo omicidio, prevalgono gelosia ed ira ad un livello tale da uccidere il proprio fratello.

La vita umana è sempre stata minacciata, fin dagli inizi. Ed oggi tali minacce continuano, in modi anche diversi, ma ci sono sempre.

Quando Caino, alla domanda del Signore su dove fosse il fratello, risponde prima dicendo di non saperlo e poi con un’altra domanda con la quale praticamente afferma di non essere il “guardiano del fratello”, veniamo portati ad oggi.

Pure nei nostri tempi, spesso troppo spesso, le persone si comportano come se ciò che accade all’altro non le riguardi.

“Sì, ogni uomo è <<guardiano di suo fratello>>, perché Dio affida l’uomo all’uomo. Ed è anche in vista di tale affidamento che Dio dona a ogni uomo la libertà (…). Essa è un grande dono del Creatore (…)

(Evangelium vitae 19)

Proprio perché il Creatore ci dona questa “libertà”, noi, sue creature predilette, dobbiamo usarla nel modo corretto. Libertà non è fare ciò che più ci conviene o che sia più semplice. Libertà è prendersi cura dell’altro perché possa anche lui essere libero. Libero di vivere, di amare, di sognare, di aiutare gli altri, di essere una persona umana con tutta la sua dignità. Non importa la posizione sociale, economica, ecc…, ciò che deve essere messo in risalto è il valore della vita dell’uomo, indipendentemente dalla posizione che si occupa, indipendentemente dall’etnia di appartenenza, dall’età anagrafica, dal lavoro che si svolge….

Il diritto alla libertà nasce dal diritto alla vita. Quando si nega quest’ultimo si nega la stessa dignità umana che vorremmo per noi stessi, si nega quella libertà che il Creatore ha donato alla sua creatura prediletta. Quando a prevalere è la cultura della morte si smarrisce il senso del Divino, ma si smarrisce pure il senso dell’uomo.

Si entra in un vortice terribile in cui a prevalere non è più l’umanità. Si vive come se Dio non ci fosse. Si perde il rapporto col Creatore e così facendo viene meno pure il rapporto autentico fra le persone e col mondo.

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(Adele Caramico Stenta)