LA VITA AL TEMPO DI CORONAVIRUS

La vita, spesso, ci presenta situazioni difficili che dobbiamo comunque affrontare anche se non vorremmo. In questo periodo molto particolare che stiamo vivendo le situazioni non sono semplici e non è semplice conoscere come altri vivono e quale sarebbe il modo più giusto di farlo.

E’ una situazione, inedita, nuova e terribile nello stesso tempo. E per questo motivo ciò che dirò sarà la mia esperienza personale come donna credente, moglie, madre, nonna, insegnante.

Aprirò una piccola “porta virtuale” sul vissuto di questo periodo da me e dalla mia famiglia.

Sinceramente mai avrei immaginato un giorno di trovarmi a vivere questa situazione di pandemia per il Coronavirus. Mai avrei immaginato di dover vivere questo isolamento forzato ed una limitazione della propria vita personale, religiosa e familiare come quella che si sta vivendo.

Difficile parlare in senso generale di una situazione così forte che ci è caduta addosso all’improvviso.

Personalmente l’ultimo giorno in cui sono stata al lavoro in presenza è stato il 21 febbraio. Successivamente, fra le varie proroghe e misure di sicurezza, non sono più potuta tornata nell’Istituto dove insegno.

Il lavoro è continuato, ma da casa. Un modo di insegnare completamente diverso attraverso internet, con web camera, computer, microfono e parlare davanti ad un monitor ai miei studenti (che non è la stessa cosa che vederli di persona). Si, il lavoro si è organizzato in modo differente ed anche subito dopo la chiusura delle scuole.

Ma la vita spirituale? La partecipazione alla Messa? Poter ricevere l’Eucaristia?

Per chi è credente è una prova che si aggiunge ad altre prove in questo periodo.

Ad un certo punto ci siamo ritrovati a non poter più neppure ricevere l’Eucaristia, fonte di forza spirituale di cui in questo momento abbiamo maggiore bisogno.

Ma Gesù ci ha detto che dove due o più sono uniti nel suo nome, lui è in mezzo a loro. E su queste parole abbiamo poggiato la nostra vita.

Ecco che in famiglia si prega ogni giorno il santo Rosario, seguito dalla Supplica alla Madonna del Rosario di Pompei per chiedere la grazia di liberarci da questa pandemia. Si prega tutti insieme, marito, moglie, figli, nipotini (abitiamo tutti nella stessa casa ed anche questo è una grazia). La famiglia si stringe insieme nella partecipazione alla S. Messa attraverso la televisione.

La Settimana santa è stata vissuta scandita dalle celebrazioni di Papa Francesco, seguite da tutta la famiglia, insieme.

Vedere il Santo Padre che benedice una piazza vuota ci ha fatto provare tanta tristezza e ci ha fatto rendere ancora di più conto di quanto sta accadendo, non solo in Italia, ma in tutto il mondo.

Vedere sul suo volto l’espressione della sofferenza per tutti noi, per quanto ci sta accadendo, ci ha fatto sentire rassicurati che non siamo soli, che abbiamo il Vicario di Cristo che ci sta accanto in tutti i modi che gli sono possibili.

Come dare un significato a questo tempo, che non sappiamo neppure quanto sarà lungo? Come trovare il positivo in una vita che viene vissuta in modo completamente diverso da come lo era prima? Come chiamare questo periodo della nostra vita?

Sinceramente non avrei un nome per questo periodo così particolare. Ciò che mi sento di dire è che questo tratto del nostro cammino terreno, forse non lo capiremo subito, ma sicuramente sta lasciando un segno nella vita di ciascuno di noi, nelle nostre famiglie, nella nostra società.

Niente e nessuno sarà più come prima, quando tutto sarà finito. Non si potrà essere come prima perché questa esperienza è troppo forte per lasciarci senza essere diventati migliori.

Stiamo sperimentando che “siamo tutti nella stessa barca”, come ci dice Papa Francesco. E solo stando insieme, anche se non fisicamente, e manovrando bene il timone di questa “barca” ne usciremo fuori nel migliore dei modi.

Le Chiese fatte di mattoni non ci sono accessibili adesso, ma sperimento ogni giorno come la famiglia sia ora la nostra chiesa nella quale si vive pregando di più insieme e nella quale al primo posto non ci sono le “corse di ogni giorno”, bensì un nuovo rapporto con Dio e con noi stessi.

Si, siamo tutti nella stessa barca e se vogliamo approdare nel porto sicuro dobbiamo collaborare tutti affinché questa “barca” non perda la giusta rotta, quella rotta che ci porta a vivere secondo il Disegno Divino.

Adele Caramico Stenta

(pubblicato su “Amici di Gesù Crocifisso”, n. 3, maggio -giugno 2020)