Lettera a Giovanni Paolo II

Caro Giovanni Paolo II,

ti parlo così, affettuosamente, come si parla ad un amico che si conosce da sempre.

Non ho dimenticato il tuo anniversario del ritorno alla casa del Padre.

Non l’ho dimenticato al punto che per una intera settimana a scuola ho parlato di te ai miei allievi, ho fatto vedere loro dei documentari sulla tua vita ed il tuo Pontificato.

Quei ragazzi….ai quali nessuno ha mai parlato di te. Troppo giovani per ricordarti, troppo presi da questo mondo per fermarsi a riflettere…….

Eppure dopo poco che vedevano le scene che ti riguardavano, ho visto occhi concentrarsi verso la lim sulla quale scorrevano le immagini. Visi più attenti a ciò che stavo facendo vedere loro e a ciò che io stavo dicendo. Parlavo di te, l’ho fatto per una settimana intera, ma ciò che ho detto è poco, troppo poco, rispetto alla tua grandezza, rispetto a ciò che tu hai fatto per tutti noi, per la Chiesa, per l’umanità intera. Soprattutto quello che hai fatto per i giovani che erano sempre nel tuo cuore e sulle tue labbra.

Proprio a giovani come quelli che ti seguivano, io ho cercato, in qualche modo, di portare il tuo messaggio di coraggio, di non arrendersi mai, di andare sempre avanti.

Proprio in questi momenti qualche allievo ha detto: “Ma prof….non è il Papa che ha inventato le GMG”?

Ecco! Ora viene fuori ciò che sanno di te, lo sanno da quelle Giornate Mondiali della Gioventù iniziate da te e alle quali hanno detto di partecipare.

Il tuo segno, ciò che hai scritto è rimasto per sempre e porta e porterà ancora frutto. Il tuo insegnamento è stato talmente particolare da non lasciarci indifferenti.

Ho studiato Teologia durante il tuo Pontificato ed è come se si fosse impressa in me l’orma delle tue parole.

Le porterò sempre dentro, le porterò sempre agli altri come potrò, le insegnerò ai miei alunni senza aspettarmi nulla……………

Devo ammetterlo, a volte ho faticato in questi giorni, ma è stata una fatica necessaria e che valeva la pena di fare.

Ho rivisto le immagini più belle della tua vita da Papa, ma anche quelle della tua sofferenza e della tua morte. E mi è sembrato di riviverle di nuovo, in diretta, come allora.

Gli alunni non credo se ne siano accorti, ma le lacrime mi sono scese dal viso come se tutto stesse avvenendo adesso.

Ora, mi sono detta, ho gettato dei semi nel terreno delle vite di questi studenti. Ho parlato seminando qualcosa del tuo insegnamento. Non starà a me vedere se da quei semi nascerà un giorno qualcosa.

L’ho fatto con amore al mio lavoro e alla mia missione. L’ho fatto per trasmettere qualcosa di te a chi non ha avuto la mia stessa fortuna di vivere durante il tuo Pontificato e poter conoscere e studiare ciò che tu hai insegnato.

Ma una cosa mi hai insegnato più di tutte le altre. Mi hai insegnato che annunciare l’Amore, la Verità all’uomo, qualsiasi sia la sua condizione, è annunciare Cristo. Mi hai insegnato che la testimonianza e le parole dette con rispetto ed Amore valgono più di tante guerre e lotte armate.

Mi hai insegnato che il portare l’annuncio agli altri non è privo di difficoltà, di ostacoli, di sofferenze, ma vale sempre la pena farlo.

Soprattutto mi sono poggiata sulle tue parole che dicesti nella tua prima omelia da Pontefice:

NON ABBIATE PAURA!

(Adele Caramico Stenta)