Quando la musica diventa “strumento” per il Signore… Intervista a Roberto Bignoli

Caro Roberto, da poche ore non sei più in mezzo a noi. Ti ho conosciuto nel 2002, a Roma, ad un Convegno e da allora siamo sempre rimasti in contatto.

Non trovo le parole adatte per dire ciò che provo in questo momento. Penso anche che parlare ora non serva, mi riservo di farlo successivamente.

Alla fine del 2003 mi concedesti questa intervista che pubblicai sul mio sito.

Ecco, ora voglio ricordarti così. Ci abbracciamo a tutta la tua famiglia, alla cara moglie Paola ed alle tue splendide figlie.

Ci rivedremo Roberto, ci rivedremo in quella Vita Eterna nella quale tu hai creduto ed alla quale tutti noi aspiriamo.

A Dio Roberto!

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Ogni persona che vuole portare l’annuncio del Vangelo agli altri, lo fa in modo differente rispetto ad un’altra, a secondo dei talenti che il Signore le ha donato.

Anche con la musica, che raggiunge molto facilmente più persone, specialmente i giovani, si può annunciare il Regno dei Cieli.

Quando si fa qualcosa per il Signore e per portare la Sua Parola agli altri è sempre qualcosa di “speciale” che si ripete ogni volta, ogni momento; e ogni attimo in cui noi ascoltiamo il Messaggio che, con la musica, ci viene annunciato, si scrive, nel cammino che porta al Signore, una storia “speciale”.

Quando la musica diventa “strumento” per il Signore… Intervista a Roberto Bignoli

La fede e la sua testimonianza agli altri avviene in vari modi. Abbiamo davanti a noi tanti esempi di persone che, con la loro vita e con il loro esempio, hanno annunciato il Regno dei Cieli. I “mezzi” che sono messi a nostra disposizione, per fare questo, sono molteplici e, soprattutto, sono collegati ai talenti che il Signore ha donato a ciascuno di noi. Da sempre la musica è stato un mezzo, “usato” pure dalla religione, per pregare, per lodare, per esaltare il nostro Dio, ed anche per annunciarlo.

Da qualche anno abbiamo ormai un evento che veramente è particolare: la musica cristiana contemporanea. Qualcuno ha affermato che la musica è sempre musica. Questo è vero, ma usarla quale mezzo per annunciare e testimoniare Cristo, diventa un elemento che avvicina maggiormente le persone al messaggio evangelico, soprattutto la fascia adolescenziale e giovanile. E non si sta parlando di musica sacra, di canto gregoriano, ecc…, ma semplicemente di musica che viene ascoltata dai nostri giovani e, perché no, anche dagli adulti e dalla persone di una certa età. Ci sono vari cantanti e cantautori che hanno scelto questo mezzo per annunciare il vangelo, fra questi emerge molto la figura di Roberto Bignoli, che molti ricordano per la sigla di Radio Maria, da lui composta e cantata.

Ho fatto alcune domande a Roberto, circa la sua scelta di cantare per il Signore,…ma vediamo le sue stesse parole.

Forse questa prima domanda sarà ovvia, ma quando hai iniziato a cantare in pubblico? Per quale motivo?

Roberto: La musica è sempre stata la mia passione, fin da bambino, in collegio, mi creavo, con gli oggetti che trovavo, gli strumenti musicali e sognavo di studiare al conservatorio, ma la mia situazione familiare non me lo ha permesso e così mi sono accontentato di imparare da solo. I primi approcci con la musica ed il pubblico li ho fatti da giovane, suonando e cantando per le strade. Con alcuni amici musicisti abbiamo girato per l’Europa ed in particolare Spagna e Francia, poi ho cominciato a partecipare a varie manifestazioni canore cercando di affermarmi ed ho fatto da spalla ad alcuni big della musica leggera. Mi sentivo gratificato anche perché cantare in pubblico voleva dimostrare che Roberto Bignoli, malgrado tutti i suoi problemi, era una persona di successo. Oltretutto mi piaceva poter condividere la passione della musica con la gente e ricevere i loro sempre più numerosi consensi.

La tua infanzia ti ha influenzato in qualche modo nelle tue scelte? Ne ricordi qualche episodio particolare?

Roberto:  Certamente la mia infanzia ha contribuito in modo estremamente forte sulle scelte della mia vita. Non è stata facile e le sofferenze di non poter vivere in un ambiente familiare, ma in collegi, hanno influenzato molto il mio carattere e le mie scelte infatti, appena ho potuto, sono andato a vivere in un centro studentesco ed ho abbandonato tutte le prospettive di futuro che mi avevano imposto fino a quel momento: volevo vivere la mia vita con le mie forze, senza più dipendere da nessuno e cercando di rivoluzionare il mondo quindi affiancandomi ad ideali, che nel tempo si sono riscontrati fasulli, ma ai quali avevo creduto profondamente, quindi avevo cercato le mie risposte attraverso la beat generation meglio conosciuta come “i figli dei fiori”, successivamente a scelte politiche estremiste fino a quando tutto si è placato nel mondo dello spettacolo, ma dentro me c’era ancora tanta rabbia e tanto rancore nei confronti della società.

Dell’adolescenza, cosa pensi possa essere stato importante per le tue future scelte? Chi per primo ti ha parlato di Dio, della fede, dell’Amore del Signore? La scelta che hai fatto, di cantare per il Signore, da cosa è scaturita? E quale episodio ricordi, della tua vita, che ti ha fatto fare una svolta diversa nel tuo cammino?

Roberto: In questo momento particolare, quando pensavo di aver placato parte dei problemi esistenziali attraverso una affermazione nel mondo dello spettacolo, ahimé, sono entrato in una crisi esistenziale profonda, alla quale non riuscivo a dare risposta e quindi dopo tanti anni , mi sono recato in chiesa per fare una preghiera, perché credevo che qualche Santo sarebbe arrivato a sistemare tutto. Ma era una scelta di comodo e nulla cambiava. Ma un giorno dei giovani mi videro, mi abbracciarono e mi dissero: “Gesù ti ama”. Nessuno mi aveva mai detto, con tutta questa semplicità, una frase così profonda ed autentica. La cosa mi ha colpito nel profondo, ma avevo paura e così decisi di partire per una tourné in Francia che mi avrebbe staccato per un po’ dalla mia città, da questi giovani. Ma dopo qualche mese che lavoravo nelle discoteche, night, galà per italiani e alle varie televisioni fui colpito da una grossissima otite e ritornai a casa, per curarmi, ma soprattutto perché ero vuoto dentro, solo e stanco. Rincontrai quei giovani che mi proposero un pellegrinaggio a Medjugorje. Avevo sentito parlare di quel luogo e spinto da un desiderio forte decisi di andare laggiù. Come arrivai, era l’anno 1984, fui colpito dalla povertà e autenticità della gente, dalla grande disponibilità e dal luogo povero che ricordava le mie origini e chiesi a Maria Santissima di guarirmi, ma non dalla poliomielite ma di guarire il mio cuore che era duro, freddo, incapace di amare e di farsi amare. Desideravo dentro me cambiare, perché sentivo che la mia vita vissuta così, come l’avevo vissuta fino a quel momento, non aveva un giusto valore, e così dopo questa esperienza tornai a casa. Continuai a frequentare questi giovani e sentivo che piano piano la mia vita, il mio modo di pensare e di essere stava cambiando. Era un processo lento, ma cominciai a sentirmi convinto della scelta di una vita legata ai valori cristiani e così ne parlai anche con alcuni vecchi amici. Purtroppo alcuni non capirono le mie scelte e mi diedero del pazzo, ma sinceramente non avevo conosciuto fino a quel momento una “pazzia “ migliore che credere in Gesù e così perseverai sulla strada che la Madonna mi aveva preparato, ma Lei voleva qualcosa in più, mi ha fatto capire che il dono della musica e del canto dovevo metterlo a disposizione per una nuova evangelizzazione: così sono nate le prime canzoni fino ad arrivare ad oggi.

Come concili la tua vita familiare con la tua musica, i viaggi, ecc…?

Roberto:  Oggi sono sposato, ho 2 bambine, Mariastella e Mariachiara, e continuo a fare musica e viaggiare in giro per il mondo: dove mi chiamano a portare il mio concerto testimonianza io vado. Oltretutto è il mio lavoro, non potrei fare altro e lo faccio perché sento che è una chiamata. Mia moglie Paola condivide questa scelta, la sostiene e quando sono via, so che lei è a casa con le bimbe e tutto procede bene. Quando sono in casa sono un padre attento e mi prodigo per la famiglia. Non sempre è facile riuscire a conciliare bene le cose ma devo dire che, collaborando e pregando insieme, troviamo sempre la soluzione al problema.

Quando scrivi una canzone, quali sono i “motivi” che la ispirano?

Roberto: Scrivere le canzoni è sempre diverso. Non c’è una canzone che è nata in modo uguale all’altro. Il punto di ispirazione è sempre legato però a momenti di preghiera. Ogni canzone nasce lentamente: prima la sento nel cuore e poi comincio a lavorarla, in quei momenti, ahimé per Paola, ho solo la canzone in testa ma poi, quando è finita, leggo la soddisfazione nei suoi occhi e so che non ho tolto nulla alla famiglia.

Pregare è fondamentale per la vita di noi cristiani: come vedi la preghiera e il pregare in famiglia?

Roberto: La preghiera è fondamentale ed importante, non sempre purtroppo si riesce ad avere la costanza, ma se manca lo avverti subito. Il mio cantare non avrebbe senso se non ci fosse la preghiera: è la forza che mi guida ed è un punto fondamentale sul quale è nato il nostro matrimonio e l’essere famiglia, ma guai se mancasse. Oggigiorno, con tutti gli stimoli esterni e tutte le attività legate al ruolo genitori-figli spesso si dimentica che è il Vangelo e la preghiera il vero aspetto da coltivare. Il mondo esterno non ti facilita questo ruolo fondamentale, ma con la buona volontà e cercando di vivere il più possibile legati a questi valori si riesce a superare questa barriera. Le nostre bimbe frequentano una scuola cattolica proprio perché desideriamo che vivano una realtà di fede anche fuori da casa e ci stiamo impegnando a fargliela vivere anche nell’ambito della Chiesa, affiancandole attraverso il cammino dell’oratorio, del catechismo e cercando di far comprendere l’importanza della comunità cristiana e facendo capire l’importanza della Santa Messa. E’ importante educarli, fin da piccoli, a questi valori e farli crescere dentro loro, perché questa è la prima vera missione del genitore.

Hai una famiglia splendida: cosa pensano le tue bambine del loro papà che canta così bene?

Roberto: Le mie bambine sono felici di avere un papà che canta e le rare volte che sono presenti ai miei concerti, soprattutto la grande, Mariastella, desidera starmi vicino a volte anche sul palcoscenico. Questo è molto bello e mi dà gioia. Sono contente che vado a cantare e sanno che se non lavoro sono a casa e che possono contare sempre su di me. Soprattutto non amo far pesare loro il fatto di avere un papà cantautore e quindi non faccio pressione su questa scelta di vita.

Una volta, quando sei venuto a cantare nella mia città, una mia collega mi ha detto: “Ha una forza interiore molto forte, comunica con la sua musica e le sue parole, una fede profonda. Non mi stancherei mai di ascoltarlo. Mi ha dato tanta carica dentro!” Tutto questo ti fa sentire un po’ “responsabile” per ciò che ci dai con le tue canzoni?

Roberto: Quando faccio un concerto, come dicevo prima, prego e chiedo al Signore la forza di trasmettere la Sua Parola. Tutto quello che avviene sulle persone non lo conosco, almeno che non me lo dicano loro. Io cerco di parlare alla gente facendo riferimento a quanto è successo nella mia vita e all’importanza dell’incontro con Gesù poi tutto il resto non dipende da me. Il fatto che la gente ne abbia beneficio è solo grazie a Dio, quindi mi sento solo uno strumento che il Signore usa, che non ha assolutamente nulla in più di chi lo ascolta. Sono una persona comune che fa un cammino di fede, con i momenti alti e bassi e non mi ritengo una persona speciale ma anzi credo che, agli occhi di Dio, siamo tutti persone speciali e tutti abbiamo una canzone speciale nel cuore che è il canto della nostra vita.

Dopo questa ultima affermazione di Roberto, che ringrazio per la sua disponibilità e la sua testimonianza, posso solo aggiungere che, qualsiasi siano i nostri talenti, vanno messi a servizio dei fratelli: solo così ciascuno di noi può cantare il canto della nostra vita al Signore!

Adele Caramico Stenta